RIVISTA N.70 - NEONATI/BAMBINI
QUANDO SI DEVE DIGIUNARE?
Il dottor Walter diceva " il riposo e la cura della fame rappresentano il trattamento adeguato " di quelli che soffrono di sovraffaticamento e di abusi alimentari ". Sottolinea che quando si ha un’alterazione funzionale, la lingua carica e l’alito fetido non bisogna mangiare. E se si è a disagio in qualsiasi modo, bisogna smettere di mangiare finché non ci si sente bene.
Secondo Kittridge, " se si ha la lingua carica, l’alito fetido e un cattivo gusto alla bocca, si può essere sicuri che il digiuno sarà benefico, che si abbia o che non si abbia dell’appetito. Occorre del buonsenso per determinare quando si può fare digiunare una persona che ha ancora appetito ". Quando non si ha un desiderio per gli alimenti, nessun uomo sensato penserà a mangiare o a dare da mangiare agli altri ".
E’ un errore pensare che si ha bisogno di mangiare in ogni circostanza. Difatti, nutrire costantemente uno stomaco irritato, è come se si battesse già su un uomo a terra. Quando si mescola costantemente dello stomaco, mentre ha bisogno di riposo, tanto quanto il resto del corpo, si va verso un disastro. Non è raro incontrare delle persone la cui la malattia è dovuta all’abuso alimentare e i medici che cercano di guarirle. Vediamo delle persone morire gradatamente di malnutrizione, - cattiva assimilazione e inedia, malgrado il fatto che mangino regolarmente. Vediamo dei medici che insistono affinché gli invalidi mangino e li spingono a consumare degli alimenti che sarebbero eccellenti per i benportanti, e sebbene il malato faccia del suo meglio per piegarsi alle consegne del medico, continua a degradarsi. Non ha la forza di digerire gli alimenti. Il medico dovrebbe sapere che in tali circostanze il cibo può uccidere il malato. Se il cibo non previene la malattia, come può più cibo ristabilire la salute? Come può la sovralimentazione aiutare?
Il digiuno è utile solamente a causa di una vita malsana. E’ meglio vivere sanamente che fare degli abusi e digiunare poi. E’ meglio anche praticare un digiuno corto presto che lasciarsi andare e avere bisogno di un lungo digiuno. Se si digiuna fin dai primi segni della malattia, forse che dieci giorni sarebbero sufficienti. Se dopo anni di sofferenza e una perdita considerevole di peso, un uomo può digiunare ancora più di 40 giorni, in tutta sicurezza, è certo che un digiuno più corto sarebbe stato ben sopportato in principio.
Secondo il punto di vista del dottor Daniels, punto di vista condiviso largamente in certi circoli, " i malati dovrebbero digiunare solamente se il sistema è incapace di occuparsi degli alimenti. Parimenti in caso di malattia acuta con febbre, dopo uno shock quando si perde totalmente l’appetito e gli organi digestivi sono totalmente impotenti, nel caso di disturbi o di eliminazione frequente dovuti all’abuso di cibo quando l’appetito è perso temporaneamente. Salvo in caso di "temporale " provvisorio occasionale, con un dolore intenso o altri malesseri che inibiscono la digestione al punto che non si può più digerire gli alimenti il digiuno non è il miglior trattamento per le malattie croniche. Il digiuno non deve essere utilizzato che in caso di malattia in cui la digestione è sospesa ".
Questo punto di vista era diviso dal dottor Henry Lindlahr che diceva che il digiuno non deve essere consigliato che per le malattie acute e durante le crisi che hanno luogo nelle malattie croniche. Parecchi altri autori intrattenevano questo punto di vista secondo cui il digiuno, malgrado il fatto che nelle migliaia dei malati cronici che si lamentano dell’assenza di fame, e che tutto ciò che mangiano li fa soffrire, hanno il potere di digerire alcuni alimenti.
Secondo il dottor Daniels, " se il cibo è limitato solamente agli alimenti che possono essere utilizzati, la malattia cronica può essere eliminata più velocemente e la nutrizione costruita più rapidamente che col digiuno.
Sebbene utilizzasse e consigliasse spesso il digiuno negli stati in cui si ha un potere digestivo considerevole, il dottor Tilden si accordava spesso col punto di vista del dottore Daniels e del dottore Lindlahr. Per esempio, aveva scritto una volta che, salvo per certe circostanze abbastanza rare, non credeva nei lunghi digiuni. " E’ meglio, diceva, adottare un regime razionale e adatto e prendere uno o due anni per assumere lo stato normale ". Per là, insinua che lo stato normale può essere raggiunto col digiuno più presto, sebbene pensi che il metodo più lento sia preferibile.
Sono opposto, personalmente, totalmente a questo punto di vista. Sono molto cosciente che occorre più tempo per evolversi verso una buona salute senza digiunare e così accostarsi ad un nuovo stile di vita. Ma non vedo ragione valida per accontentarsi di aspettare così molto tempo, quando si può con l’aiuto del digiuno, accorciare con profitto e sicuramente il tempo richiesto. Si deve sempre aspettare lo sviluppo di una crisi per privarsi dei benefici di un periodo di astinenza? Ci si deve privare dei benefici che risultano da un periodo di riposo fisiologico perché non abbiamo febbre né dolore intenso? O digiunare ad intervalli e impedire l’evoluzione di uno stato del corpo che necessiterebbe di una crisi? In ciò che mi riguarda, del resto ciò mi sembra più saggio.
Una pratica molto vecchia, seguita oggigiorno da certi popoli, è quella di digiunare un giorno per settimana. Ora, ciò è raramente sufficiente. I vecchi ariani si astenevano da ogni cibo e da ogni bevanda un giorno ogni dieci giorni; gli Zends rigettavano ogni cibo tutti i cinque giorni; la Bibbia menziona la pratica dei vecchi ebrei di digiunare un giorno ogni settimana. Tutto ciò è certo benefico, ma secondo il nostro punto di vista attuale il digiuno settimanale non ha abbastanza valore cumulativo per far fronte ai bisogni dei malati cronici.
Il dottor Daniels dice: " Saltate uno o due pasti se siete di malumore o a disagio, è una pratica corrente. Una lingua carica, un’assenza di appetito e una mancanza di energia e di vigore significa che dovreste saltare uno o due pasti e lasciare al vostro corpo l’opportunità di raddrizzare la situazione. Questo semplice trattamento vi eviterà spesso una malattia grave. Si vede che raccomanda il digiuno per evitare l’evoluzione delle crisi, ma limita severamente il suo uso.
Secondo il mio punto di vista, le regole che dà per determinare la lunghezza del digiuno dovrebbero applicarsi altrettanto bene alle malattie acute che alle malattie croniche. Difatti, nella discussione sulla lunghezza del digiuno, dice: " è una domanda alla quale è difficile rispondere in modo generale perché ogni caso è unico. Tuttavia, è certo che per avere i migliori risultati non bisogna mangiare finché il potere digestivo e il potere di assimilazione siano ristabiliti. In caso di febbre, nessuno alimento sarà permesso finché essa non cade in modo permanente. Poi, l’appetito ritornerà, la lingua sarà pulita e umida, ciò che indica che i fluidi digestivi sono presenti nello stomaco e negli intestini. In generale, bisogna proseguire il digiuno finché lo stato della lingua e della fame lo permette, che il paziente non abbia più malesseri e può prendere senza problema gli alimenti adatti ".
Se il malato cronico non ha appetito o ha poco appetito, o il suo gusto è fetido, o il suo alito è putrido, e non si senta in generale bene, e se ha un dolore e un malessere o dice per esempio: " Ciò che mangio non sembra farmi del bene ", perché non digiunare subito invece di aspettare l’evoluzione di una crisi? Se il corpo dà tutte le indicazioni secondo le quali milita in favore del riposo e della pulizia, che bisogno si ha di limitare arbitrariamente la durata del digiuno? - Dal Dottore Shelton, tradotto da A. M.
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